lunedì 14 dicembre 2009

UNO (racconto bianco)





Dopo un mese alle Barbados anche il piacere incominciò a non essere più piacevole. Era tornato a casa. Il primo pensiero quando Dino aprì gli occhi fu, avendo tirato su la tapparella, che la giornata si annunciava piena di sole, anche se ormai era metà dicembre. E subito si accorse che gli mancava qualcosa. Aveva fatto tutta una tirata di sonno, la temperatura della stanza di quell’albergo era giusta, ma qualcosa non andava bene. Era quasi nervoso. Lo scenario era perfetto, ma l’irritazione incominciò a crescere sempre di più. Subito fu chiaro che cosa stonava in quella perfetta sinfonia di fine autunno. Gli mancava il piacere di aprire gli occhi e accorgersi della presenza di qualcuno accanto. Sapeva bene che non gli bastava una presenza qualunque, era Una, la presenza che desiderava. Ma nonostante tutti i suoi sforzi non c’era stato verso di riuscire a convincere lei a passare la notte con lui. Aveva cercato di essere spiritoso, aveva fatto sfoggio di tutte le sue capacità di brillante conversatore, aveva tirato fuori tutta la dolcezza di cui era capace, ma aveva ottenuto, forse, di scatenare in lei un attacco acuto di diabete, ma quanto a convincerla, niente. Il massimo cui era arrivato, era stato di tenerla abbracciata con la testa appoggiata sulla sua spalla. Siamo amici, aveva detto lei, allontanando la sua mano che accarezzandola sul fianco era risalita fino al lato del seno. Ovviamente lui si era sentito un verme, non voleva darle l’impressione di avere in mente uno scopo erotico. Certamente la desiderava molto, era bellissima, ma non voleva forzare gli eventi, gli sarebbe molto piaciuto che il grande, immediato, quanto non premeditato, desiderio che aveva di far l’amore con lei, avesse seguito i binari di una naturalezza di eventi che, coinvolgendoli progressivamente, si fossero spontaneamente evoluti in direzione di una reciproca ricerca e soddisfazione di piacere. Quella frase, invece l'aveva gelato, e bloccato in un rigor quasi mortale. Lui aveva di lei una concezione di fragilità, che lo obbligava a trattarla sia verbalmente, sia fisicamente, come una coppa di vetro soffiato. Si erano conosciuti sul web, un sito di blogger scatenati che si pensavano scrittori. In realtà qualcuno era proprio bravo. Una versione informatica di telepatia li aveva reciprocamente interessati. Si erano scambiati commenti, poi, messaggi, prima pubblici, poi privati. Incuriositi dall’altro si erano mandati link personali, foto, ed infine era arrivato l’appuntamento. Per conoscersi non virtualmente. Il primo incontro a Roma, fu subito un’esplosione di emozioni. Sembravano adolescenti. Una cena, ottima, una passeggiata tenendosi sottobraccio, un drink, e tante parole. Non aveva mai creduto ai colpi di fulmine e rimase spiazzato. Si erano separati che erano le tre di notte, e l’aereo partiva alle sette. Ci vediamo sul web, si erano detti, ma sapeva, che ormai non si sarebbe più potuto accontentare del virtuale.

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