lunedì 14 dicembre 2009

La strega (racconto gotico)




L'ambiente era immerso in un buio profondo, freddo di morte, quando sferraglianti d’armi arrivarono i gendarmi ad aprire la porta chiodata di quella segreta, illuminando piccole sfere d'umido con le torce.
Si avvicinarono alla donna accovacciata vicino al muro con le mani legate dietro la schiena. La misero in piedi e la spinsero verso il tavolo largo e grezzo che ospitava tre uomini, seduti dall'altro lato.
Lei era in piedi, con una leggera veste chiara che le scendeva dalle spalle fino a quasi toccare terra. Era magra, per i lunghi periodi di fame, ma nonostante ciò con i muscoli tonici e ben formati. Era piuttosto alta rispetto alla media. Gli occhi neri erano evidenziati da ciglia lunghe che raggiungevano le folte sopracciglia appena arcuate sotto la fronte pallidissima.
Il giudice interruppe quel silenzio chiedendo, per formalità se il suo nome era quello a loro noto e se si riconoscesse strega e malfattrice come indicavano le prove a suo carico. Ma il silenzio si rimpadronì dell'ambiente. La donna farfugliò qualcosa con quel filo di voce di cui era capace dopo cinque giorni di digiuno in quella prigione.
Uno dei tre seduti al tavolo scattò in piedi mettendo in guardia gli astanti dalle frasi in lingua demoniaca che sicuramente quella strega stava pronunciando, recitando un teatralissimo scandalo. Ma nessuno dei presenti sembrò dargli ascolto, avvezzi a quei rituali.
Le guardie la afferrarono e la trascinarono verso un tavolo, su cui la gettarono dopo averle con un unico gesto strappato la veste di dosso. Lei fu capace solo di un gemito che accompagnò il tonfo del capo sulle assi.
Le legarono i polsi e le caviglie. Incominciarono a tirare le funi che le allargarono le braccia e le gambe come i raggi di un immaginario cerchio. Quando tutto fu ben teso, la sua nudità esplose per il bianco della pelle sottolineando il nerissimo folto pube.
Era di una bellezza indiscutibile. Persino le guardie, uomini dai gusti grezzi, sembrarono colpiti, prima di incominciare a scambiarsi apprezzamenti grevi e pregustando la possibilità di mettere le mani e non solo, su quel boccone.
Il giudice si avvicinò e incominciò urlando a dirle di confessare l'uso di galli neri e altri animali nei suoi riti satanici, e di ammettere di aver giaciuto con bestie e streghe.
Si raccontava che avesse più di centotrent'anni e che fosse stata vista bere sangue per ritornare giovane d'aspetto, ad ogni luna per giacere, gradita a Satana!
Lei non rispondeva, sapeva che era inutile.
Il giudice dette altre stupidaggini tanto per dirle, si abbatté teatralmente su una sedia vicina per fingere spossatezza nella lotta contro il male. Anche questa era una scena già vista.
Stando seduto davanti a quelle gambe divaricate il suo sguardo si andò ad infilare in quella specie di fuga prospettica, che suo malgrado scatenò un’improvviso movimento sussultorio del saio all’altezza del bacino.
Era da quando era adolescente che la bramava, e finalmente era lì. Ordinò a tutti di allontanarsi.
Quando furono soli, si avvicinò alla donna e le disse:
- Finalmente ti avrò!
Si sfilò il candido saio e salito sul tavolaccio si apprestò a penetrarla.
In quel momento, quando già sfiorava le grandi labbra col suo sesso mai stato così eretto, sentì la fredda voce della donna dire:
- Questo è il tuo ultimo giorno, sono venuta a prenderti per strapparti alla tua nefanda vita e portarti con me all’inferno, io sono, sotto mentite spoglie, la tua Morte!
Fu subito buio.

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